Ci sono cose che non sopporto.
Tipo le prese di potere. Tipo lei che si monta la testa. Tipo Lui che non asseconda la mia voglia di farla fuori.
Mi stavo comportando bene, ero educata e paziente, accondiscendente e creativa. Tutto a vantaggio di quella lì. La metà delle cose con cui si è bagnata questa settimana veniva da idee che avevo avuto io e che lui aveva ritenuto valide. Lo stesso esserci di lui è riconducibile alla MIA richiesta. Dovrebbe baciare il pavimento su cui cammino.
Invece ha chiesto notizie sul tipo di sesso che facciamo io e lui e si è messa in posizione “Io ti farò provare quello che lei non ti fa”.
Così non va. Vuole sentirsi speciale. E lui non le ha schiantato un muro in faccia come avrei desiderato. Le ha detto che ha molta strada da fare per essere speciale. Qualcuno può pensare che sia un modo per scoraggiarla, io ritengo invece che sia semplicemente stato un modo per dirle “Impegnati a farlo, perchè ci puoi riuscire se lo vuoi davvero”.
Ci sono stati dei battibecchi dovuti ai miei caotici sbalzi d’umore, al mio terrore nel percepire le sue intenzioni come le più malevole nei miei confronti, alla mia pretesa di capire cosa lei potesse pensare di questa o quella frase solo perchè “sono donna anche io”.
Probabilmente non so niente. Probabilmente non dovrei nemmeno metterci becco. Che io possa leggere cosa lui le vuole scrivere è già molto, ho già potere di veto su questo. Quando mi impunto su una data frase perchè mi ferisce non penso più al fatto che sarebbe la più utile al momento, e Lui sente che io non mi fido di quello che fa. Chiudere la bocca però è qualcosa che non posso fare, sebbene devo ammettere che almeno la metà delle mie rimostranze hanno alla loro base soltanto il bruciore di una ferita appena aperta. Dovrebbero esserci fucili che perforano polmoni non appena chiunque prendesse anche solo in considerazione l’idea di mettermi in una situazione di minaccia. Invece questa volta c’è un “Dovrai impegnarti molto di più”. Non è proprio il colpo più mortale che io abbia mai visto infliggere ai miei “nemici”.
Dicevo l’altro giorno che la mia intolleranza verso le sue (più che comprensibili) mosse d’indipendenza mi sono insopportabili perchè è tutta una vita che donne che amo mi mettono i piedi in testa, e mi è impossibile accettare questo trattamento anche da una sconosciuta. Ho permesso cose che avrebbero richiesto un taglio netto dei rapporti, ho sopportato umiliandomi fin troppi danni, e adesso c’è questa Pinco Pallina saltata fuori dal nulla che gaia come un fiore vuole sentirsi speciale. Sono stata paziente perchè amavo quelle persone, verso di lei invece non provo il minimo affetto. Mi sento in parte ferita perchè vorrei che si fossero alzati eserciti per fermarla. O meglio, avrei voluto che si fosse alzato lui per fermarla, invece disattiviamo gli allarmi in attesa di un “vero” passo falso. Fino ad allora sarò già piena di graffi, e il suo sarà il colpo di grazia. Non mi ucciderà, questo è certo, ma non tollero che si attenda il 100simo attacco perchè gli altri erano ambigui.
Stranamente ieri ho avuto una reazione esagerata persino ascoltando del lui del passato cui ormai sono abituata. So già che nel periodo in cui non ci siamo sentiti lui è stato con molte ragazze, ma ieri sentir parlare di loro mi ha fatto un effetto diverso, come se il loro fantasma facesse parte del “gioco” e io potessi sentir bruciore anche per loro. Gli ho urlato “Salto continuamente da 1 a 100 donne e il mio cervello non ha abbastanza tasselli dell’Indovina Chi per tutte quelle che nomini”, come se fossero tutte ragazze ancora presenti che io dovevo tollerare come tollero lei. Ci son volute ore perchè mi calmassi e riabbracciassi quello che già so, ossia che sono tutto quello di cui ha bisogno. Ha la pazienza di dire le stesse cose centinaia di volte al giorno, gli leggo in faccia la preoccupazione e il dolore ogni volta che piango o perdo la calma o sospiro rassegnata.
Mi guardo allo specchio e mi vedo attraversare i 5 stadi del lutto completamente a caso, a volte tutti e 5 contemporaneamente, a volte uno per secondo, a volte uno per ogni giorno della settimana e gli ultimi due giorni in completa apatia.
Credo di stare migliorando, perchè riesco già a domare gli attacchi di panico e di pianto. Quelli di rabbia sono molto più frequenti ed indomabili, il senso di ingiustizia ogni tanto mi fa dire cose del tipo “non l’ho voluto io, l’avrei fatto diversamente me ne fosse stata data la possibilità”. A volte per un secondo mi lascio andare al senso di abbandono morboso, quel raptus che quando ti stai facendo del male ti spinge ad andare fino in fondo ad occhi chiusi; come incidersi la carne, inarcarsi verso una frustata, oppure immaginare il proprio fidanzato che lo mette dentro alla sua piccola amante e pensare “di più…”. Verso questi eccessi della mia mente provo incredibili sentimenti di vergogna. Come se stessi accettando un fato che dovrei combattere. Ma cosa perdo se accetto e mi convinco a goderne? Quale parte del mio spirito combattivo muore sotto questa apparente remissività? Lei quanto posto guadagna se io le permetto di godere di qualcosa che è solo mio?
Cerco di forzarmi ad abbracciare qualcosa che ho chiesto in prima persona, ma una parte di me continua ad urlare che starei strisciando come un verme se mi concedessi il lusso di lasciar correre. Che le starei porgendo la mia testa su un vassoio pur sapendo che non avrebbe avuto la minima speranza nemmeno di scalfirmi.
Comincio a pensare insistentemente al fatto che dovranno pur vedersi, o rischiamo di mandare a monte tutto. E come sarà dover affrontare di nuovo un loro incontro? Quel silenzio lungo ore, la mia attesa disperata, l’insonnia e gli incubi ad occhi aperti? Avrò armi nuove? Avrò più sicurezza? Dovrò rifugiarmi in invettive confidate ad un alleato per schernire il cane cui ho offerto un piatto succoso destinato a me?
Dovranno scopare. Lui dovrà toccarla, dovrà penetrarla, dovrà accarezzarla, dovrà accogliere i suoi gemiti, dovrà farla godere, dovrà pensare al piacere di lei per entrarle in testa e renderla succube. Dovrà strisciare sotto la sua pelle, avrà le mani impegnate e gli occhi impegnati e io sarò lontana un’intera vita.
Mentre lei avrà le gambe aperte in attesa di lui, io cosa potrò offrirgli? Cosa potrò mai fare per permettergli di non rinnegarmi? Come potrà eccitarsi e soddisfarla pur avendo me in mente? Me chiusa in una casa in un altro universo? Gli sarà più facile pensare solo a quello che dovrà fare? E cosa resterà a me se la sua testa sarà svuotata? Potrò dire che sarà nato un altro Lui funzionale all’atto, ignorante di me? Cosa farà per eccitarsi pur sapendo che io lo sto attendendo chiusa in una gabbia? E dovesse riuscirci anche pensandomi, sarò davvero così piccola ed impotente da permettere al mio fidanzato che dichiara di amare me e solo me di scopare qualcuna pur pensandomi? Davvero sarei un pensiero così piccolo ed inutile da non influenzarlo minimamente?
Cambiamo le carte in tavola: se io fossi partecipe della cosa lui sarebbe come spinto dal mio desiderio, mi penserebbe e sarebbe come se stesse soddisfacendo me soddisfacendo lei. Ma le cose non stanno ancora così. Io davvero non ho nulla tra le mani avendo lei ansimante su un letto. Io sarei semplicemente me, non sarei cambiata in nulla, lui invece sarebbe un uomo che ha condiviso il letto con un’altra. Qual è il passaggio per avere il mio potere riconosciuto?
Com’è che io da verme posso diventare aquila?