De relatione abusiva

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Sono genericamente una di quelle persone che si vantano di poterne sentire di tutti i colori. Ho un senso morale, ho una mia etica, ho una mia idea del giusto e dello sbagliato, ma sono anche piuttosto empatica e trovo cognitivamente stimolante vedere se la scarpa altrui mi sta, metaforicamente parlando. Perciò è estremamente probabile sentirmi dire “Sì, questa cosa è illegale in 28 Stati e personalmente la ritengo ripugnante, ma capisco perché ti piaccia tanto; vedo da dove stai tirando fuori questa conclusione; il tuo ragionamento è moralmente marcio sotto diversi punti di vista, ma è sicuramente funzionante sotto il tuo.”
E’ il motivo per il quale mi piace pensare di essere una buona ascoltatrice. Penso che potrò davvero sedermi di fronte ad una persona ed aiutarla a sciogliere nodi, se non almeno a vedere quali siano. Ma ci sono cose su cui non posso stare zitta, e non ho intenzione di ingoiare il rospo e seguire il santo precetto del vivi e lascia vivere, nè tantomeno di rispettare la non scritta regola del “tra Dom e sub non metterci il dito”. Mi rifiuto categoricamente, perché tutte le regole di questo mondo valgono fintanto che non danneggiano chi le sta seguendo, e giacché non stiamo parlando della tribù di Hofriyat (nel Sudan settentrionale rurale, per chi se lo stesse chiedendo) dove cancellare l’infibulazione significherebbe mandare a puttane tutta la loro sovrastruttura cognitiva sul cosmo e la purezza e la fertilità della Natura e se smettessero di cucire fiche dovrebbero poi cambiare persino i contenitori in cui preparano il cibo, perché è tutto teatralmente connesso (e per “teatralmente” intendo dire che non so se mangiare popcorn o piangere guardandoli), mi prendo la libertà di dire “fanculo la vostra dinamica D/s, c’è qualcosa di più importante in ballo.”
Questi sono quei soliti problemini di carattere etico da cui la gente tende a star lontana perché sono sostanzialmente scomodi: vedrete fioccare articoli su Fetlife come se tutti avessero una laurea in BDSMlogia (perché grazie al cielo, ognuno fa branca di studio a sè, in questo campo), ma quando ci si avvicina ai soliti punti delicati le voci diminuiscono fino a scomparire, perché nessuno sa che cazzo dire.
Parli di 24/7, parli di slavery, parli di “consent”, parli di “safeword”, e le voci tacciono.
Perché fin dove puoi stabilire che il consenso alla pratica sia davvero consensuale? Ci sei tu, mistress, che stai tenendo sull’orlo dell’orgasmo il tuo sub da qualcosa come tre eoni e mezzo, e lui ti dice che sì, ti comprerà quelle scarpe da tremila euro perché te le meriti. Esempio scazzato? Ok, acconsentirà a comprarti quelle scarpe e a titillarsi la prostata con il loro tacco. Ha la faccia di uno felice e convinto, ma chi non lo è quando hai una mano sul suo cazzo e gli stai promettendo la strada all’orgasmo?
Ci sei tu, dominante, che ad ogni orgasmo ti fai dire che il suo piacere è subordinato al tuo perché la fa venire a spruzzo da quanto la eccita. O forse è il contrario?
Abbiamo un sub privo di impedimento verbale che però durante una sessione di umiliazione è così sopraffatto dall’ondata di vergogna che ha la bocca impastata, si perde nella sua testa e non riesce fisicamente a dire quella parolina magica che farebbe finire la perfida scena. Non si sente in grado di pronunciarla, e la scena va avanti di tortura in tortura finché dai piani alti non viene deciso che basta così, e non appena ritrova la sua voce, grida allo stupro, perché sì, non aveva detto la safeword, ma avrebbe tanto voluto.
Hai un contratto 24/7 che attesta che tu sei la schiava della coppia e non hai alcun potere decisionale, ma poi hai un’idea diversa su dove mandare a scuola tua figlia. Che fai, punti i piedi o no?
Ci sono milioni di casi in cui improvvisamente la definizione della dinamica incappa in un vicolo cieco, in cui la sicurezza dei ruoli prestabiliti va a puttane, e che fai a quel punto? Il BDSM è per tantissimi una pratica che va ben oltre il gioco in camera da letto, è qualcosa che coinvolge il loro carattere, il modo in cui vedono il mondo e si rapportano ad esso, ma ci sono sempre e comunque dei precisi paletti limite in cui la tua inclinazione personale non deve starti impedendo di realizzarti e di avere una vita sana. E qui la delicatezza del discorso scivola dentro a quello della “malattia”. Hai diritto, come persona adulta, a farti del male? Hai diritto a scegliere di ledere te stesso? Di privarti della tua libertà, accettare un condizionamento psicologico che sempre più ti porterà a vedere e scegliere certe strade piuttosto che altre? Hai diritto a scegliere per te quando le tue scelte sono prodotte da una situazione che non è quella di libertà standard che lo Stato ti garantisce per legge?
Più terra terra una cosa tipo: accetteresti una scelta che ti cambierebbe la vita fatta in un momento di scompenso emotivo/psicologico? E’ legittima ed accettabile la tua scelta di ucciderti da depresso, piuttosto che impasticcarti (facciamo l’utopico esempio di bella vita americana in cui bastano 4 chili di pillole per aggiustare una persona) e farti scegliere se vuoi ancora farlo da sano? Dov’è che non sei più in grado di intendere e di volere?
Anzi, la domanda è mal posta, perché il “non sei più” è la cosa più facile da individuare, e lì son sempre tutti d’accordo. Il punto problematico è: come ti comporti quando l’ago della bilancia sta solo pendendo? E quand’è che starà pendendo troppo?
Faccio esempi sempre spinti al limite perché i grigi confondono, ma ad una certa bisogna rendersi conto che si sta parlando della stessa cosa, che si sta facendo valere la stessa logica di fondo. E che se dovesse arrivarmi un Pinco Pallino con il collare al collo a raccontarmi della sua dinamica, non starò in silenzio quando mi sarà ovvio che si sta stringendo le palle in mano da solo, e si sta facendo male.
Il discorso di coppia cambia profondamente la mia concezione della situazione. Il discorso “relazionale” cambia profondamente le variabili che posso contare all’interno di essa. Idealmente una persona è libera di fare quel che vuole finché non nuoce a nessuno, persino nuocere a se stessa. Ma parliamoci chiaro: non è stato il primo deficiente di turno ad aver passato ai posteri che “nessun uomo è un’isola”. Ci sono persino state intere scuole di pensiero psicologico che hanno avuto la bella idea di definire una persona secondo le relazioni che intrattiene. Una cosa tipo: se hai solo relazioni di merda nella tua vita fatti delle domande. Il punto è che siamo sempre in costante relazione, e quello è semplicemente il nostro punto zero di partenza. Non ci sarà MAI il caso in cui una persona possa fare qualcosa senza che questa influenzi almeno un’altra; e un’azione negativa su se stessi puoi dir giuro che farà male almeno ad un’altra. E già qui mi cadrebbe la possibilità pratica della libertà di ledersi. Andando avanti considerando la vita di X, vedremo che le sue relazioni si complicano e diventano sempre più strette: come puoi anche solo lontanamente pensare di poter fare quello che cavolo ti pare? Siamo chiari: la manipolazione psicologica è ancora una gran brutta marachella, e una relazione sana ha ancora dei confini definitori piuttosto netti.
Nuovamente non è stato il primo idiota che ha girato l’angolo ad aver osato ipotizzare che una relazione sana ha nel suo codice la possibilità di modificarsi per far fronte alle variabili che ci si spiaccicano contro ad ogni piè sospinto. Che la rigidità delle posizioni non fa che creare una situazione stagnante che ha tutte le potenzialità per diventare patologica, e chi ci sta dentro non riuscirà nemmeno ad accorgersene. Nuovamente il non-primo-coglione-che-passava-dal-convento ha ipotizzato un ponte piuttosto stretto tra la schizofrenia e un ambiente di rapporti fissi con comunicazione paradossale.
Sapete com’è stare in una relazione rigida senza la possibilità di modificarne le strutture interne? E’ come chiudersi a chiave in casa, ma tenendo le finestre aperte. Dalle finestre voi non potete uscire, ma ci può entrare tutta la merda di questo mondo. Può capitarvi del normale vento, può capitarvi un po’ di pioggia, ma può capitarvi anche un incidente; può succedere che la casa si danneggi, e voi abbiate bisogno di uscire per salvarvi, e non possiate farlo perché siete stati abbastanza intelligenti da chiudervi dentro ed esservi tolti la possibilità di uscirne. Avete la casa che va a fuoco, avete il mazzo di chiavi lì sul tavolo, avete un intero pubblico fuori dalla finestra (chi con i popcorn, chi piangendo esasperato) che vi sta dicendo di prendere quelle chiavi ed uscire, e voi ve ne state lì, come gli eroici capitani di una nave che sta colando a picco. E che si porterà dietro voi.
Più o meno è questa l’immagine che ho di tutte quelle coppie BDSM che si imbarcano in queste dinamiche bellissime ed intricatissime, e si dimenticano dell’uscita di sicurezza. Quella manopola d’emergenza che ogni relazione duratura ha. Chi è attualmente in una relazione stabile e duratura ed è soddisfatto di come le cose stiano andando, molto probabilmente mi capirà: non è una passeggiata mandare avanti la baracca. Se mantenere una relazione per 5 anni fosse semplicemente l’aspettare quei 5 anni messaggiando e scopando con quella stessa persona, non ci sarebbe il solito troiaio di tira e molla. Il punto è che una relazione stabile richiede impegno, e richiede continue modifiche dall’interno per adattarsi a tutte quelle variabili random che la vita vi tira in faccia, così come tutti quei cambiamenti che col tempo voi stessi maturerete dentro di voi e che dovranno sposarsi o meno con i cambiamenti che l’altro avrà.
Quindi, lasciatemi un attimino urlare contro il Creatore perché sarà tipo già la quarta o quinta volta che becco una situazione in cui c’è un conflitto e la parte sub della coppia ingoia la propria lingua ricevendo quest’illuminazione divina “Ma cosa stavo pensando, sono sub, ovvio che lui abbia ragione!”
Faccio fatica a mettere insieme le parole per esprimere quanto io ritenga una stronzata tutto ciò. Quanto sia deleteria per la coppia. Sono solo una tizia a caso di nemmeno 24 anni che scrive su un blog sperduto in internet, perciò il mio potere di parola è decisamente limitato, ma per chi è ancora qui a leggere perché gli interessa: non si risolve una discussione con “Ma lui è il Dom!” (parlo con la lei sub perché gli ultimissimi esempi incontrati erano di questo genere).
Non c’è alcuna regola della logica classica e non che faccia concludere una deduzione in questo modo. Non esiste, non so cosa vi passi per la testa. Sono certa che sia un grandissimo sollievo vedervi improvvisamente sollevate dal peso della responsabilità della vostra opinione, specie se questa sta al 50% portando avanti il conflitto e la cosa vi sta mandando in paranoia perchè stress ecc, ma dov’è che improvvisamente avviene l’illuminazione “Ah no, aspetta, lui ha ragione perché è Dom!”?
Questo è lo stesso passaggio che ha fatto nascere un gran bel numero di Cuckquean dopo aver ricevuto il paio di corna dal loro partner. “Ah gia, ma lui può fare quello che vuole perché è Dom, quindi io devo essere felice per lui.”
Non so voi, ma in una qualsiasi formalizzazione di dinamica BDSM mi assicurerei che i litigi siano un meccanismo metacomunicativo come la safeword: quando c’è, la coppia agisce e parla DA PARI. Non puoi risolvere un conflitto interno alla coppia dando come giustificazione una dinamica sovracostruita ad essa. E’ come stare annegando in mare e poi improvvisamente “Ah no, aspetta, ma lui è idraulico!” e poi smettere di cercare di stare a galla.
La vedete? La vedete la stronzata?
Non puoi togliere alla persona la possibilità di difendere i propri interessi all’interno della relazione, o di chiedere di modificarla. La sub non è legalmente di tua proprietà, perdiana, ha una vita, ha degli affetti, ha una rete di relazioni che non ti riguardano, ha forse anche un lavoro che magari almeno lontanamente le interessa finché non la fai improvvisamente rendere conto che no, tutto questo scompare davanti al fatto che sei il Padrone. Ci sono altre persone di mezzo, ci sono colleghi, clienti, parenti, amici; non siete due su un’isola deserta, la vostra dinamica se non è chiusa dentro alla camera da letto allora finirà prima o poi con l’inciampare nel resto delle vostre esistenze, e di conseguenza incrociare quella che il vostro partner condivide con il resto del mondo. NON si può chiudere la possibilità di gestione di questo universo. E’ quel passo che fa andare da relazione BDSM a relazione abusiva. Se stai pensando che non dovevi osare incazzarti con il tuo Dom perchè si stava comportando da coglione, datti della cogliona tu e poi riprendi a dare del coglione a lui! Non siamo in un romanzo harmony, i Dom non sono perfetti, non sono una razza diversa rispetto ai ‘normali maschi’, possono sbagliare, possono dire cazzate, e possono comportarsi da idioti. Dirò di più: possono essere abbastanza incazzati da utilizzare, quantomeno inconsciamente, la loro posizione di potere per ottenere quello che vogliono. Perché è fin troppo facile durante una discussione piegare la comunicazione per far rientrare il dialogo su di un binario sbilanciato in termini di potere. Ma è una violenza inaudita nei confronti della coppia farlo.
Tutti i conflitti risolti con “Oh sì, è lui ad aver ragione perché è lui quello col flogger in mano” non sono stati risolti. Li rivedrete, molto presto, e sarete costrette a rifare nuovamente la scelta del girare la testa dall’altra parte oppure finalmente alzare la voce e dire la vostra. Qual è la differenza tra il BDSM e l’Italia degli anni ’40 dove la moglie abbassa rispettosamente la testa quando c’è in giro il marito? Quand’è che si è tornati a questo?
Non fraintendetemi, sono la prima a divertirmi come un’idiota con i taboo e le situazioni sbilanciate e gli edge play, ma c’è un intero oceano tra lo sguazzarci dentro e il non poterne più uscire. Quando la dinamica di coppia impedisce la risoluzione del conflitto per mezzo di uno scambio paritario e razionale di opinioni, c’è qualcosa che non va. E prima che lo chiediate, la scelta di quale tipo di opinione possa essere mollata in mano al Dom deve avvenire di volta in volta. Non ci si può dimenticare che la vita è imprevedibile, e non potete instaurare una regola che non tenga conto di questo. Anche se avessi la regola che il mio fidanzato debba scegliermi il paio di mutande ogni giorno, accadrà prima o poi che lui non possa farlo, o che lui faccia la scelta sbagliata perché bam, mi è venuto il ciclo e decisamente non posso arrotolare l’assorbente intorno alla striscetta del perizoma. Anche se io cedessi a lui qualsiasi mia opinione, avverrà il momento in cui la scelta da fare sarà decisamente grossa, come un trasferimento a lavoro per una promozione, la morte di un familiare, un problema personale di altra natura, e il Dom NON potrà scegliere per voi senza interpellarvi (se dovesse farlo, considerate decisamente di andare da un terapeuta perché si è entrati a pieno diritto nella relazione abusiva).
Torniamo quindi alla domanda iniziale? Cosa succede se la persona in questione vuole essere limitata nei suoi diritti fondamentali di Uomo? Se è davvero contenta di ricordarsi a metà discorso che il rispetto per se stessi e la propria libertà non sono contemplati nella coppia e che deve ingoiarseli via? Che l’altro abbia più valore, che le sue scelte abbiano più potere, la sua vita più meritevole di essere vissuta, le sue esperienze siano più prioritarie?
Se in tutta coscienza decidete che questa è la vostra strada (e ho i miei forti dubbi che lo sia, o il conflitto non sarebbe nemmeno sorto, se voi non aveste avuto almeno un briciolo di spina dorsale per manifestare il vostro disagio), allora scatta la seconda nota: non dovete danneggiare gli altri. Ma abbiamo già messo in conto come il controllare una scelta lavorativa, familiare, d’amicizia ecc. implichi l’influenza su altre persone, e le variabili siano decisamente troppe per essere calcolate. Quindi no, nel caso in cui voleste dare il pieno controllo all’altra persona fareste bene ad assicurarvi che siate dietro le porte chiuse a chiave della camera da letto, perché altrimenti vostro figlio ci cadrà in mezzo, i vostri genitori ci andranno di mezzo. I vostri colleghi o clienti prima o poi subiranno inconsapevolmente le scelte dettate da uno sbilanciamento di potere regalato e ormai mantenuto senza più conflitti che lo testino. Senza più prove che ne confermino la validità. E un re che non può venire messo in questione è facilmente un despota.
Per concludere, se fra 10 anni mi ritroverò davanti a qualcuno che mi dirà di essersi ingoiato le regole della logica per risolvere un conflitto in forza dell’ammmmore dark, gli tirerò una scarpa in faccia.

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  1. Carissima Mrss. Y,
    Sono molto contento del fatto che tu abbia scelto di affrontare questo argomento. Leggere il tuo post mi ha aiutato a capire cosa c’era di sbagliato in un mio recente articolo. Con il tuo permesso, ribloggherò “De Relatione Abusiva”.

    • Ho letto anche il tuo articolo, e senza ombra di dubbio una discussione comparativa sarebbe estremamente interessante :) Lieta di aver fatto sorgere questioni, in ogni caso. Un discorso non è mai fecondo abbastanza, secondo me.
      P.s. Va da sè che tu abbia assolutamente il mio permesso :3

  2. L’ha ribloggato su Master Depechee ha commentato:
    Invito a leggere questo articolo e a confrontarlo con il mio “Cos’è una schiava e cos’è che desidera più di ogni altra cosa”. Dalla sintesi dei due, si può raggiungere una posizione di equilibrio che cercherò di spiegare prossimamente.

  3. I Dom non sono degli uomini diversi, sono uomini normali con semplicemente meno scrupoli (detto così sembra brutto). C’è anche chi potrebbe essere Dom ma non lo è perché non vuole o non ha interesse nel limitare la libertà di un’altra persona.
    BDSM e vita sana non vanno mai d’accordo. Lo dice uno con una vita non sana e attratto dal BDSM.

    PS: bello il discorso sulla consensualità che non è sempre tale anche se sembra.

    • Mi permetto di dissentire fortemente sul “BDSM e vita sana non vanno mai d’accordo.”
      Non è affatto vero. Anzi, sotto diversi punti di vista il BDSM ti forza ad avere relazioni sane, nella misura in cui richiede un’onestà ed una trasparenza comunicativa che nel mondo “vanilla” troppo spesso ci si sogna soltanto.
      Ci sono sempre i casi che vanno da un estremo all’altro, ma non cadiamo nella generalizzazione dell’estremo.
      E sarei anche molto curiosa di farti elaborare il “sono uomini normali con semplicemente meno scrupoli”.
      Se hai tempo e voglia, mi piacerebbe molto leggere la tua :)

  4. Che meraviglia di sproloquio :) Non bisognerebbe mai dimenticare che il BDSM è teatro, è finzione, è gioco, e che la vera schiavitù, la vera umiliazione la si prova nelle riunioni di lavoro e nel dover misurare spese e stipendio. Tirala forte quella scarpa, Mrs. Y.

    • Ti direi che non penso il BDSM sia soltato teatro, finzione, e gioco, ma ho capito all’interno del tuo contesto a cosa ti stavi riferendo, e sono d’accordo.

      Ci tengo però a precisare che nei miei discorsi non mi riferisco mai al BDSM come a qualcosa che può essere esclusivamente finto, ma che invece può facilmente essere considerato come un tipo di ruolo sociale/relazionale caratterizzato da regole ed aspettative comportamentali precise, esattamente come lo è la figura “Padre”, “Figlio”, “Insegnante”, e qualsiasi altro ruolo che manipoliamo con estrema naturalezza nella nostra società.
      La cosa essenziale è non incappare in quella trappola in cui finisci col definirti SOLO come un Padre/Figlio/Insegnante :)

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