Non saprei nemmeno da dove iniziare.
Parto da come mi sento? Racconto prima cos’è successo? Faccio un giro teorico sull’argomento in modo da istruire chi legge?
Ho poche cose che mi girano in testa, davvero. La cosa mi irrita addirittura. Ogni tanto, proprio quando mi costringo a formulare qualche pensiero, una voce nel mio cervello che non suona tanto come la mia mi dice “Ma che cos’hai fatto?”.
Immagino una giovane donna che telefona nel cuore della notte alla sua migliore amica, la costringe ad alzarsi dal letto e ad incontrarsi da qualche parte; all’amica viene quasi un colpo, la giovane donna ha letteralmente il viso sciolto dalle lacrime. Lei dice “Lui…lui mi ha tradita!” e le sfugge un singhiozzo.
Ecco, io a questo toccante quadretto aggiungerei “sì, ma gli ho chiesto io di farlo”.
Un’altra vocina nella testa mi chiede se mi ritengo una persona normale. Probabilmente no.
Visto che sono chiusa a riccio e che non riesco a tirar fuori qualche considerazione illuminante, provo a partire dall’esterno. Come mi sento fisicamente?
Ci sono varie ipotesi a riguardo, e dico ipotesi perchè in questo momento la testa mi sembra abbastanza sconnessa dal corpo. Dicevo, ci sono varie ipotesi: si potrebbe constatare che non sto poi tanto bene, con i battiti lenti ma fortissimi, un macigno sulle palpebre, un groppo alla bocca dello stomaco (una dovrebbe avercelo in gola, no? Io no); qualcun altro potrebbe constatare che per via dell’apatia in realtà non sto sentendo proprio niente, e tutti i sintomi precedenti possono essere facilmente ricollegati al fatto che ho il ciclo e ho dormito meno di 4 ore. Ma son dettagli irrilevanti.
Sarebbe bello poter scrivere qualcosa di importante, un qualsiasi resoconto che resti nella memoria, che serva a me come punto di partenza ufficiale e ad altre come fonte di notizie un pò strane. Invece credo che continuerò a scrivere con questo tono odioso, metacomunicando sulla metacomunicazione che dovrei fare, perchè più livelli metto meglio è.
Ora un’altra vocina (sì, comincia a farsi affollato) mi chiede “Quale parte del cervello ti sei bruciata?”. Un’altra ancora conviene con me che annusare per anni bianchetti/scolorine alla fine doveva pur avere qualche effetto. [[Attenzione, il suddetto prodotto può indurre atti scellerati, leggere attentamente il foglietto illustrativo, non utilizzare al di sotto dei 5 anni di matrimonio]].
Sono sposata? No, ma mi piace pensare che non manchi molto. I 5 anni ci sono comunque.
A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi se valga la pena continuare a leggere, e altri staranno pensando che se non capiscono cosa stanno leggendo chiuderanno la scheda in 2 secondi. Bene, accontentati: ho chiesto al mio fidanzato di tradirmi.
Sono una di quelle che si chiamano Cuckquean. Mai sentito dei Cuckold (se non ne sapete nulla, chiudete il blog, il mondo ha ancora una speranza per voi, continuate così)? Ecco, io faccio parte di quella che è la sua controparte femminile. Più sbrigativa? Mi piace sapere che il mio lui va a letto con altre. No, io non vado a letto con altri. Saremmo una coppia aperta altrimenti, non una coppia cuckquean.
Vorrei soffermarmi un attimo su quanto trovo imbarazzante il fatto che “nell’ambiente” debba essere la mia pratica a contraddistinguerci. Capisco che è troppo lungo dire -siamo.una.coppia.con.lui.che.scopa.altre.e.a.lei.sta.bene-, ma dire -Coppia Cuckquean- è secondo me sbagliato nel profondo. Logicamente parlando presuppone che ci siano due cuckquean intanto; poi il termine Cuckquean non è al plurale, il che volge a favore dell’interpretazione che di cuckquean ce ne sia una sola; in quel caso il termine Coppia entra in conflitto con la frase, e bisogna interpretare se si riferisce a ‘cuckquean’ o se è ‘cuckquean’ che si riferisce alla categoria coppia.
In ogni caso, la sostanza non cambia.
Intorno a metà Marzo, in un treno regionale colmo di scolaresche, io e il mio fidanzato abbiamo iniziato a parlare del tradimento. E’ un argomento molto comune per me, perchè effettivamente si può dire che ne sia sempre stata ossessionata. Quel pomeriggio però qualcosa era diverso, entrambi ci stavamo dirigendo velocemente verso la conclusione che un paio di corna avrebbero meravigliosamente adornato la mia testa.
Sia ben chiaro sin da ora: non ho alcun rapporto di sottomissione verso di lui. Non mi eccita essere umiliata, l’unico piacere che ricavo da quella che per me è una frecciatina avvelenata alla mia persona è che posso ricambiare il favore.
Quindi, su quel treno è diventato improvvisamente chiaro che a me interessava la questione. Che a me eccitava. “Eccitava” nel senso di “Intrigava”.
Un veloce paragrafo sulla mia storia di vita chiarirà quanto mi sono sentita illuminata in quel momento: da bambina il mio idolo era la mia migliore amica che, perfida come poche, adorava far ingelosire le sue amiche facendo la civetta con me (e sì, intendo proprio QUEL tipo di civetteria); la mia prima vera cotta è stata per un ragazzo che era così ossessionato dalla sua ex che durante i nostri appuntamenti non faceva che parlarmi di quanto le mancava. – il nostro primo contatto ‘biblico’ è stato per me l’inizio di un trauma che mi avrebbe perseguitata fino alla maggiore età-; la mia seconda cotta, contemporanea alla prima, è stata per un tizio conosciuto su internet di cui tuttora ignoro l’età/ilnome/laprovenzienza/hodubbianchesulsesso che aveva uno stuolo di corteggiatrici internettiane (davvero, appena è arrivato internet le ragazzine hanno perso la verginità mentale a 12 anni); la terza, poco successiva alla prima, ma sempre contemporanea alla seconda, era per un ragazzo conosciuto ancora su internet che dopo mesi di flirt e chiamate scoprii essersi fidanzato da mesi con una del forum che frequentavamo (immaginatevi lo shock apocalittico); poi il mio primo vero ragazzo, amato alla follia e distrutto con altrettanta foga, ci sono pochi pezzi letterari che trattano un tale accanimento tra piccoli amanti; inizia il mio periodo di conferma sessuale, inizio a frequentare solo gente che abita dall’altra parte dell’arcobaleno, e mi impegno anche a sbandierare al mondo (ma prima di tutto ai miei) la mia omosessualità –> durante questo periodo scopro quanto sanno essere puttane le donne, e al mio quasi 19simo compleanno decido di riattraversare l’arcobaleno; seguono interessanti mesi dove riscopro il tizio della seconda cotta, che ANCORA UNA VOLTA mi dice un tantinello troppo tardi che si vede con una (fingo lo shock apocalittico), contemporaneamente un tizio dall’altra parte dell’Italia con cui passo 10 giorni di paradiso e 3 mesi d’inferno, un rapporto ambiguo con la grande amica del tempo che contemporaneamente si stava lavorando il mio primo ragazzo (quello con cui avevo i raptus bipolari violenti), ed infine un povero cristo da poco mollatosi con la ex usato in modo indegno per tappare le mie ferite.
Volete il denominatore comune? Avevano tutti altro per la testa (eccetto il mio primo ragazzo, ma è un’altra storia) e ho sempre dovuto correre come una dannata per guadagnarmi un pò d’attenzione.
Si potrebbe dire ‘coazione a ripetere’, ma per chi non ama i termini tecnici possiamo limitarci a dire che la competizione per me è diventata droga. E’ diventata ciò che mi dà autostima, quella che indurisce il mio carattere, qualcosa che ad ogni fine rapporto mi ha fatto pensare “Tutte le cose finiscono, e si sopravvive”.
Ora il mio rapporto prosegue con niente poco di meno che il mio primo ragazzo, con un ritorno di fiamma degno di un harmony da 6 euro (non voglio sminuire il rapporto, lo amo da impazzire – e forse sono effettivamente impazzita-, è che ho un umore di ****a al momento). E’ con lui che c’è stato l’interessante discorso sul mio nuovo cappello.
Un giro su internet tutt’altro che piacevole mi conferma che sarei una Cuckquean, e che le mie simili non se la passano poi troppo bene secondo i miei canoni. Diciamo che il 90% di quelle che hanno deciso di parlarne hanno impostato la cosa come parte del rapporto di sottomissione con il loro Master, sono state iniziate alla pratica dal lui della situazione oppure hanno ideato questa nuova tortura personale da sole.
Dico ‘tortura’ perchè al contrario di quanto solitamente succede per la controparte maschile “godo nel vederla godere con altri”, qui il punto è un altro. Il punto è l’umiliazione del venire tradite, del dover sopportare che un’altra tocchi ciò che ci è più caro al mondo, ciò che temiamo possa voltarsi da un’altra parte ed andare via. E’ giocare col fuoco, ogni volta rischiare che ci sia una eccessivamente meglio di noi in tutto, e magari persino desiderarlo. Viene considerato un ‘Edge Play’, e non lo si consiglia a coppie non consolidate e non particolarmente innamorate.
Arrivo finalmente io. Io che studio la situazione da Marzo a Giugno, pensandoci sempre e ovunque. La domanda con cui ho lottato è stata “Lo vuoi davvero?”. La paura di fare un disastro e non poter tornare indietro; di incrinare qualcosa che non si sarebbe più raddrizzato. La fiducia cieca che lui non mi avrebbe lasciata, ma il terrore di non riuscire più a guardarlo senza pensare “quelle mani, quegli occhi, quel corpo hanno dato attenzioni ad un’altra”.
Ne parlo al punto da riuscire a scherzarci sopra, da abituarmi all’idea. Quasi come aspettare la carrozza di Cenerentola.
Ieri invece mi dice che dopo un’intera notte di “coccole” con una del suo gruppo di amici, potrebbe essere possibile farlo davvero.
La sensazione? Ho scaricato il sangue per terra come l’elettricità. Minuti di pura agitazione, seguiti da un placido stato di interesse morboso (sembra una situazione paradossalmente impossibile? Eppure…) e della mia voce che gli diceva con tono sicuro “se riesci a farlo succedere, fallo”. L’ultimo barlume di lucidità mi spinge a chiedergli di non arrivare direttamente al rapporto sessuale, di ‘limitarsi’ a qualche stadio prima.
Così, ieri esce di nuovo con loro.
Dire che ero nervosa è un eufemismo, guardo 3 film di seguito, mangio pochissimo e passo il resto della serata girando inquieta in casa. Improvvisamente odio che sia fuori a divertisi, vorrei dirgli di tornarsene a casa e chiamarmi, vorrei prendere l’auto e raggiungerlo. Ma mi costringo ad aspettare, perchè sono decisa a superare la difficile fase iniziale per poter davvero capire se questa “cosa” fa per me. Rispondere prima mi sarebbe impossibile, vorrei sterminare il mondo.
Aspetto fino a che lui non mi risponde più e mi sale l’ansia perchè so il motivo (mi sale persino adesso a raccontarlo). Mi convinco a dormire, ci metto più di mezzora e perdo coscienza in un punto non precisato del mio ipod. Notte senza sogni e mi sveglio con il batticuore alle 6 di mattina. So che sono le 6 perchè ho guardato l’orario sul cellulare. Improvvisamente mi si stringe lo stomaco così guardo meglio lo schermo, e non c’è il suo messaggio. Il che significa solo una cosa: è ancora lì.
Un’altra similitudine? E’ stato come svegliarsi dall’anestesia prima che l’operazione sia finita.
Per qualche secondo ho questa visione di lui in mezzo alle gambe di lei, mi alzo angosciata e apro la finestra facendo entrare l’aria gelida. Mi avvolgo nel lenzuolo e inizio a tamponarmi il cervello con la musica alta per cercare di fermare gli spasmi alle gambe. Un’altra diagnosi clinica potrebbe accertare che avevo un attacco di panico. E’ lì che inizio a curarmi con l’apatia. Sono certa che su qualche urlo dei Linkin Park il mio volto riesce a contrarsi in una smorfia di pianto, ma non faccio in tempo perchè LUI finalmente mi scrive. Gli rispondo ed evidentemente stupito dal trovarmi sveglia mi chiama.
Quando lui inizia a raccontarmi i particolari (richiesti da me ovviamente) io sono già nella più totale apatia, riesco ad ascoltare con interesse, a ridere di alcune scene, a commentare alcune frasi e a congratularmi con lui perchè io al posto di lei l’avrei scopato a sangue. L’immagine del sangue è figlia dell’appena nato istinto omicida, non si pensi che io sia tanto feroce a letto normalmente.
Lui mette le mani avanti, dice sinceramente che avrebbe voluto passare la serata con me, che non c’è alcuna possibilità che lui si trovi meglio con altre e tante altre belle cose.
Chiedo venia, ma non avevo ancora scritto l’obiettivo di tutto questo casino: per innescare il mio istinto competitivo (qualcosa tipo “sarai così abbagliato da me che non riuscirai a mettere a fuoco nient’altro”) abbiamo optato per la fusione di gelosia e istintivo senso di abbandono; amo che lui possa andare con altre ma continui a pensare che potrebbe farne tranquillamente a meno perchè sono tutto quello che vuole; amo che il suo amore per me sia confermato in modo così plateale, dopo una catarsi così dolorosa per me; amo che alla fine di tutto non solo io abbia questa maliziosa conferma, ma che mi senta anche rinata nella battaglia appena vinta contro l’amante. Chiunque pensi “che fortunato, può andare con chi vuole” non ha capito minimamente la questione. La sua è una posizione tutt’altro che scontata o facile, e apprezzo davvero che ci si sia prestato; il fatto che ne tragga anche un ovvio piacere personale è solo un altro dettaglio doloroso che aggiungo alla ricetta.
Dicevamo, lui ha passato la notte con lei, ed effettivamente ha fatto proprio quello che avevo visto nella mia allucinazione. Diciamo che hanno fatto petting, ma le attenzioni le ha ricevute solo lei. Dipende solo da me scegliere se continuare verso l’ultimo passo (il rapporto sessuale completo) oppure fermarmi qui. La mia determinazione mi dice che devo andare avanti, perchè ero già preparata al fatto che era proprio il primo periodo quello più difficile; tuttavia non posso negare che è alquanto complicato controllarmi. In sole 48 ore con due accenni così ‘innocenti’ ho già perso il sonno e l’appetito. Se contiamo anche l’apatia perchè non ho idea di come sfogare tutto quello che sento, riconoscerete con me che devo assicurarmi d’arrivarci tutta intera alla fine di quel dannato periodo iniziale.
Qui quindi si aprono le domande, perchè non so proprio come comportarmi. So già che gli dirò di andare avanti, ma curiosamente avrei bisogno di un suo clone durante il suo rapporto per potermi trattenere dall’implodere. Vorrei un secondo lui che contemporaneamente mi abbracci e continui a ripetermi “è un idiota, lo so, non doveva crederti”.
Mi sento colpevole ed imbarazzata da quello che desidero, il fatto che per me non sia una questione di eccitazione sessuale rende solo più complicato il tutto.
Lo ascoltavo raccontarmi particolari piccanti e dolorosi e continuavo a ripetermi “l’hai voluto tu”.
Attraverso gli stadi del ‘trauma’ a velocità folle, vorrei farmi del male per riavere la sua attenzione completa, me ne pento perchè la sua attenzione l’ho sempre avuta e mi rendo conto che è l’attenzione del lui che le morde i seni e le apre le gambe che vorrei. Vorrei che quel lui si fosse di colpo fermato e si fosse materializzato da me che mi giravo nel letto senza pace. Vorrei che si fosse sentito male dopo aver ricevuto la mia risposta al suo “eccomi” stamattina alle 6. Quasi vorrei che al mio “và da lei” avesse risposto con “no, sei ancora troppo piccola e non ti si può lasciare da sola”.
Una parte di me è già più rilassata perchè questo desiderio di colpevolizzare lui è solo una veloce fase della colpevolizzazione di me stessa, che sarà una veloce fase all’interno del “voglio averlo vicino, mi è mancato da morire”, all’interno del “la prossima volta che va con una farò qualcosa di così grandioso che vorrà mangiarsi gli occhi per non essere stato presente”. Tutto nella norma insomma. Si tratta solo di sopravvivere a questo.
Il mio fidanzato ha toccato un’altra. Il mio lui ha toccato un’altra. MIO e ALTRA.
Devo essermi rincoglionita.